
Testo della catechesi
Dio non è un santo. Così si intitola il primo capitolo che apre un celebre testo del drammaturgo, scrittore, poeta e youtuber Roberto Mercadini! Chi è costui? Nato a Cesena nel 1978, ma residente a Sala di Cesenatico, nel 2003 si laurea in ingegneria elettronica, svolgendo in seguito il ruolo di informatico per dieci anni nella vicina Gatteo a Mare. Il 2015 è l’anno della svolta: decide di dedicarsi al teatro, e lo fa nelle vesti di monologhista, autore e poeta, mettendo mano a ciò che, in realtà, lo appassionava fin dalla prima adolescenza. Diventato cofondatore dell’associazione culturale Mikrà (dall’ebraico “lettura ad alta voce”), si spende per valorizzare l’oralità nelle sue diverse forme.
Com’è nata la sua passione per la Sacra Scrittura, in particolare per il Primo Testamento, lo dice lui stesso intervenendo in qualità di ospite sul canale YouTube Bella prof!, in una puntata dal titolo Serve fede per leggere la Bibbia? Sul canale, gestito dal docente di religione nonché presbitero Gianmario Pagano, Mercadini si racconta, dicendo che è diventato famoso aldilà del suo spicchio di Romagna grazie ai social. Dice di aver frequentato per un po’ la Chiesa, sottolineando che il suo interesse per le religioni è dovuto al fatto di concepirle anzitutto come motori di senso, ragion per cui va assolutamente conservato il valore di ciascuna di esse, a partire da ciò che ci hanno lasciato di scritto, Bibbia compresa. Afferma poi che il periodo in cui si definiva ateo gli recava grande sofferenza: «e quando una persona muore?», si domandava, «Non la vedi più? E quando succede qualcosa di brutto, a chi chiedere aiuto? E quando succede qualcosa di bello, chi ringraziare?». Avrebbe voluto credere, ma la cosa non si può decidere, per cui scelse di “mettersi in ascolto”, tentando in tal modo di capire.. Cosa pensò di fare allora? Andare a Messa tutte le domeniche, ventiduenne, dopo anni. Racconta che la cosa per certi aspetti lo inebriava, in primis l’omelia, la parola “viva” del presbitero, anche perché le letture erano fatte per lo più in modo improvvisato (e qui è difficile dargli torto..). In quel periodo tra l’altro, siamo nel 2000, diverse case editrici scelsero di pubblicare commenti “alternativi” alla Bibbia, forse per via del Giubileo in atto. Quindi, un po’ per l’emozione dettata dal rito, un po’ per il fascino delle lingue, questo mix di spirituale e intellettuale si tradusse nell’innamoramento della Bibbia: si iscrisse a un corso di ebraico serale tenuto da una monaca appena tornata da Israele, in cui aveva trascorso gli ultimi sette anni. Altro fattore che lo spinse verso lo studio dell’ebraico furono le varie riletture bibliche operate dallo scrittore, giornalista e poeta napoletano Enrico De Luca, in arte Erri. «Naturalmente – dice Mercadini – quando andavo a Messa e sentivo leggere Isaia dicevo: “Ma no! Ma no! Perché veniva un po’ sminuito..», poi però smise di partecipare all’Eucaristia, arresosi al fatto che, suo malgrado, proprio non aveva il dono della fede.. Ma la porta non la chiuse, tanto che tenne un diario in cui fissava le proprie domande e intuizioni religiose.
Non è allora un caso che il suo primo monologo teatrale, quello a cui è rimasto più legato, sia Fuoco nero su fuoco bianco, che parla proprio di come la tradizione ebraica descrive la Bibbia. Meraviglioso il fatto che, prima di portarlo a teatro, la prima volta lo mise in scena in una pizzeria di Valverde di Cesenatico! A tal proposito racconta un delizioso aneddoto: «A vedermi c’era un mio carissimo amico e, mentre io ero ateo, lui invece era credente, e mi ha detto: “Quando hai raccontato di Dio che sceglie sempre la persona più sbagliata, un balbuziente per predicare, due anziani sterili per fare un popolo, non ho potuto fare a meno di pensare che Dio ha scelto te, che sei un ateo, per farci capire e apprezzare la Bibbia.. è commovente!». E, al termine di questi spettacoli, ciò che più lo stupisce è sempre il fatto che gli spettatori non sappiano davvero nulla della Sacra Scrittura, aspetto che lui chiama “il paradosso della Gioconda”: tutti hanno visto quel dipinto, eppure non ne sanno nulla!? Altro aspetto che lo colpisce a fine serata è che le persone cerchino di interpretare, proponendo una loro visione del racconto sacro. Ciò che invece lo infastidisce maggiormente è che, quanto non è vero “alla lettera”, non sia ritenuto degno di considerazione: «un fatto da telegiornale – si domanda – vale più di Omero? Qualsiasi pettegolezzo più dell’Eneide? Nooo! – e prosegue – Quando sento dire che la Bibbia è una favoletta..», anzi, in essa tutti i tipi di rapporto Dio-uomo sono indagati: ateismo e anticlericalismo compresi. La Bibbia parla dell’uomo all’uomo, e lo fa nei modi più diversi: altrimenti non ci racconteremmo storie da millenni!
Alla domanda, che giunge da un ascoltatore della diretta YouTube di Bella prof!, «come si fa a distinguere una parola buona da una cattiva», risponde che è importante soprattutto parlare non “per sentito dire”, con frasi fatte e vuote, ma facendo proprio quel che si dice. Ma come facciamo a sapere se qualcuno parla “per sentito dire”? Chiedendogli un esempio! Detto altrimenti: cosa vuol dire esattamente ciò che sta sostenendo?
Se tra i tantissimi monologhi da lui realizzati val la pena citare I papi dimenticati da Dio. Storia di Pio VI e Pio VII, tra i libri pubblicati ricordiamo anzitutto quello uscito nel giugno 2020, Bomba atomica, che sottotraccia parla della potenza della parola, vera “bomba atomica”, di fatto un libro sul linguaggio, in cui tra l’altro emerge nuovamente la sua predilezione biblica per gli ultimi, che Mercadini già premette nel testo, dedicato «A chi cambia strada, a chi ha il coraggio di esitare, a chi arriva ultimo, e così vince». Il testo prosegue subito dopo con un paio di citazioni dei due protagonisti: «Tutti i formidabili eventi che hanno cambiato l’aspetto del mondo furono provocati dalla parola parlata», tratta dal Mein Kampf di Adolf Hitler, e «Noi lottiamo contro il linguaggio», tratta invece da Pensieri diversi di Ludwig Wittgenstein. Due citazioni che saltano immediatamente all’occhio perché in comune hanno la parola parlata e linguaggio, vera causa, nel bene e nel male, dell’infausto ordigno che ha tagliato in due la storia. Lo si evince fin dal primo capitolo: «la guerra ha sempre due facce: da una parte ciò che viene detto a voce alta, urlato dai comandanti, proclamato alle folle. Dall’altra ciò che viene taciuto, accuratamente trattenuto fra i denti, covato nelle buie viscere. – e sentenzia – Può accadere, però, che i demoni della parola e del silenzio intreccino la luce e le ombre in trame troppo fitte: è proprio allora che esplode la catastrofe». L’essere umano e la sua parola, detta o taciuta, è dunque il tema che in filigrana il drammaturgo cesenate porta avanti in questo libro; l’essere umano e la Parola di un Altro, cui quella umana necessita sempre di risposta, è il tema della Sacra Scrittura.. siamo sempre lì.
Il poliedrico romagnolo sottolinea poi come nella Bibbia non ci siano eroi, anzi, tanto meno esempi di virtù: il fatto che i prescelti siano sempre i “peggio” la dice lunga a riguardo. Quest’ultimo aspetto emerge in modo evidente in un testo che Roberto scrive nel 2023, La donna che rise di Dio. E altre storie della Bibbia, libro delizioso – uscito lo stesso mese di Bomba atomica, ma tre anni dopo – in cui mostra la sua capacità di penetrare i racconti, compresi quelli biblici. I nomi dei capitoli, solo per fare un esempio, sono già una conferma. L’opera si apre, come detto, con Dio non è un santo, in cui distingue «il Dio della teologia.. (quello) perfetto, onnipotente, onnisciente, infinitamente amorevole.. (e) Il Dio della narrazione biblica.. un personaggio magnifico perché in continuo mutamento, pieno di difetti, di limiti, di paure, di scoppi d’ira, di meschinità, di eccessi». E aggiunge: «È questo che ha fatto scrivere al gesuita Jack Miles la frase: “Dio non è un santo”».
Nel secondo, L’onestà del serpente, descrive il post peccato originale così: «Ora l’Uomo e la Donna sanno di essere nudi e ne provano vergogna. Non sono più animali.. Sentono un fruscio ritmico di erba calpestata – e qui viene fuori tutto il Mercadini narratore – ..Corrono a nascondersi.. Dio non li vede (o finge di non vederli) e chiama l’Uomo con un’unica parola: “Aiekkà?”. Che significa “dove?”, cioè “dove sei?”, ma anche “come?”, cioè “come mai (non ti vedo)?” – qui, invece, si erge il Mercadini studioso di lingua ebraica – L’Uomo risponde a entrambe le domande: “Ho udito i tuoi passi nel frutteto. Ho avuto vergogna perché sono nudo e mi sono nascosto” – E conclude – Un candore assoluto, come di bimbo, lo ha tradito: si è già fatto scoprire!». Spettacolo..
Se nel quarto capitolo, quello che dà il titolo al libro e che ha per protagonista Sara (La donna che rise di Dio), prova a leggere tra le righe il noto brano legato alla nascita di Isacco (traducibile con “lui ride” o “lui riderà”), ne L’imbroglione benedetto mette a fuoco la combattuta primogenitura tra Esaù e Giacobbe, mentre ne I vincitori che chiesero pietà ai vinti sfoggia nuovamente la sua pignoleria, dovuta in parte alla conoscenza dell’ebraico, in parte dal suo passato da ingegnere. Precisa quindi, a proposito dell’arca: «Sappiate.. che la parola aròn si potrebbe tradurre anche: “cassa”, “cassapanca”, “scrigno”, “forziere”. Nel caso dell’Arca di Noè, invece, il termine tradotto con “arca” è un altro: tebhà. – e aggiunge – Si tratta della stessa parola che viene usata per la cesta dentro cui il piccolo Mosè viaggia sul Nilo. In entrambi gli episodi un contenitore salva vite galleggiando sull’acqua.. – e precisa – Perciò quella di Noè, in realtà, non è una nave, ma un’enorme scatola galleggiante. Questo, infatti, è il significato di tebhà: “scatola”, “cofanetto”, “cassetta”, “custodia”, “contenitore”». Aggiungiamo noi che, letta così, in lingua originale, la Bibbia è tutt’altra cosa..
Ancora, se ne Il bovaro che divenne re racconta, sempre col suo acume, la vicenda di Saul, La teologa assassina è il capitolo in cui parla di Giuditta, per terminare il libro con la sconvolgente figura di Giona, Il profeta che fuggì da Dio, sul quale forse troppo poco si è sostato. E Giona è appunto un profeta, che in ebraico si dice nabhì, parola che Mercadini tiene nuovamente a precisare: «viene da una radice che indica l’atto di proclamare. Il punto è questo. Cosa proclama il nabhì? Parole altrui. Egli, infatti, è un portavoce di Dio, un suo megafono. Ha il ruolo di urlare a gran voce messaggi che non provengono dal suo cuore, sentenze che può non condividere, frasi che può persino non comprendere». Interessante. Ma non è tutto, perché, come nel caso di Giona: «Deve farlo pubblicamente, davanti a un’intera città. Spesso deve annunciare sciagure o tuonare maledizioni affrontando, incolpevole e in parte inconsapevole, l’orrore, la rabbia, la derisione delle persone a cui si rivolge. Si tratta di una molestia perpetrata da Dio nei confronti di un uomo. Una molestia che spesso assume la forma dell’umiliazione fisica e sessuale». Se pensiamo che a questo punto Roberto stia esagerando, lasciamogli nuovamente la parola: «Isaia.. Deve camminare per strada nudo e scalzo per ben tre anni, come simbolo della vergogna dell’Egitto, i cui abitanti saranno deportati come prigionieri.. Osea.. deve sposare una prostituta.. Geremia (rivolto a Dio, afferma, ndr).. “Mi hai sedotto (patitàni).. il termine è lo stesso che si usa per parlare della seduzione in senso letterale, la seduzione sessuale..». Non ci apparirà così strano, a questo punto, se «quando Dio chiama Giona perché egli sia profeta, Giona fa l’unica cosa che.. sembra sensato fare: scappa il più veloce possibile». Interpretazione strepitosa!
In seguito ad un suo intervento sul canale YouTube, che mirava a puntualizzare il commento del Cantico dei Cantici di Roberto Benigni a Sanremo 2020, la diocesi di Rimini lo invitò nel settembre seguente in occasione della XXVIII Settimana Biblica, chiamata che lo sorprese piacevolmente.
«Come si può amare la Scrittura se non si crede in Dio?», gli chiede una persona intervenuta in occasione della già citata Bella prof!; risposta: nella misura in cui ti costringe a pensare e a vedere le cose da una prospettiva diversa. Quanto al più grande insegnamento, beh, il fatto che Dio, di nuovo, si serva di coloro che i più ritengono deboli e inutili.. «È commovente», commenta il drammaturgo.
A chi lo critica di occuparsi della Bibbia, in quanto non esperto, Mercadini risponde in un video, sempre sul canale YouTube, dal titolo La Bibbia racconta storie vere? E ai suoi detrattori sottolinea, mettendosi nei panni del narratore (ruolo questa volta di sua assoluta pertinenza), la necessità di saper riconoscere anzitutto il tipo di narrazione, biblica nella fattispecie, che si ha davanti. Precisa che tra i vari tipi narrativi abbiamo il mito, in cui il tempo è imprecisato, a differenza del luogo; che i personaggi mitici non sono ordinari, ma esseri soprannaturali e fantastici; quindi che ci sono filoni vari, ad esempio i miti eroici, cosmogonici o eziologici.
Altro tipo di narrazione è la fiaba, anch’essa senza un tempo definito – le fiabe iniziano infatti con il celebre incipit “c’era una volta”, che nei paesi anglosassoni è “once upon a time” – e neppure un luogo, ad esempio “in un regno lontano”.
Ci sono poi le leggende, in cui tempo e luogo sono spesso precisati, come ad esempio in Robin Hood. Quanto accade tuttavia non è completamente verosimile o verificabile, essendo la leggenda una deformazione o storpiatura della realtà. Perché un fatto diventi leggendario occorre infatti che sia notevole, gigantesco. È difficile pertanto stabilire dove finisce la realtà e dove inizi la fantasia.
Ultimo genere che Mercadini cita è la cronaca: un resoconto, quello del cronista, che elenca quanto registra in quel luogo, dal proclama del sovrano alle gesta di un passante, in modo puntuale e preciso. Manca però un filo narrativo.
L’autore si pone quindi, e ci pone, una domanda: quando leggiamo qualcosa dobbiamo prenderlo per vero? Nel caso del mito no; della fiaba idem; uguale per la leggenda; quanto alle cronache dipende, perché il cronista ritiene di dire il vero (in buona fede), ma non è detto lo siano..
Al termine di questa sua carrellata, occorre dunque chiederci di quali generi narrativi si serva la Bibbia.. tantissimi! I racconti del Genesi sono tecnicamente mitici: li possiamo prendere per veri? No, non ce n’è motivo, anche se qualcuno – commenta Mercadini – si chiede perché debbano essere proprio considerati di fantasia. “Facciamo finta che” è la frase ipotetica che Roberto usa per parlare indirettamente, ma non troppo velatamente, dello scrittore Mauro Biglino. E aggiunge che, per fare ciò, spesso quest’ultimo deve ad esempio sostituire gli angeli agli alieni! Ma qui siamo nella paleoastronautica, sentenzia.. e si domanda: si regge questo gioco? In molti casi no, prendendo ad esempio la torre di Babele: siccome l’umanità – che “in quel tempo” (?) viveva tutta insieme – ad un certo punto parla lingue diverse, allora i popoli si sono separati!? Non ha senso.
E conclude: ma poi, tutte le popolazioni hanno miti e gli ebrei no?! La risposta paleoastronautica è che tutte le mitologie sono in realtà memorie ancestrali di questa relazione con gli alieni!?
«..solo parole.. capaci di portarci oltre il loro significato, forse, – scrive in chiusura de La donna che rise di Dio – hanno davvero senso. Solo loro salvano noi umani». Ti ringraziamo, Signore, sia per le parole che non smetti di rivolgere, a tuo modo e tempo, ad ognuno di noi, sia per chi, come Roberto, ci aiuta a comprenderle meglio, magari col sorriso sulle labbra..
Recita
Cristian Messina
Musica di sottofondo
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