
Testo della catechesi
«In principio.. tutto ha inizio, le cose si rivelano totalmente diverse.. Bisogna che vi racconti la storia dall’inizio – dice la giovane Ea – , da quando vivevo coi miei genitori.. dio è odioso, si è parlato molto di suo figlio, ma poco di sua figlia.. prima della creazione si annoiava a morte, e allora ha fatto Bruxelles.. Aveva già fatto delle prove di creazione, ma non aveva funzionato.. allora ha creato l’uomo a sua immagine, che poteva fare quello che voleva». Interessante che nel frattempo “Adamo” si aggiri per la città con la voce di dio che afferma «molto meglio così».Adamo che arriva in una biblioteca, i cui libri sono ancora bianchi: ancora non è stato scritto nulla. Finezza!
Ma di cosa stiamo parlando? Le pellicole hanno dialogato tantissimo con la Bibbia, quasi da subito, ovvero pochi anni dopo l’invenzione del cinématographe da parte dei fratelli Louis e Auguste Lumière, nel 1895. Un film come Dio esiste e vive a Bruxelles, di Jaco Van Dormael, però, non si era mai visto. Perché? Nel 2015 il regista belga ci regala 113’ capaci di fondere commedia, dramma e grottesco, genere quest’ultimo che risale alle strane pitture presenti nelle grotte, appunto, e si caratterizza per una forte critica nei confronti di qualcosa o qualcuno. Critica, ancora, che ha luogo attraverso la ridicolizzazione del suo bersaglio. Cosa tratta, allora, questo film così surreale? Partiamo dal titolo originale, purtroppo deformato (come spesso accade) in fase di traduzione: Le tout nouveau testament, che in italiano può suonare come “nuovissimo testamento”, dunque una sorta di attualizzazione o prosecuzione di quanto ci presentano i due Testamenti canonici, che siamo abituati a chiamare Antico e Nuovo, ma forse avrebbe più senso definirli Primo e Secondo, lasciando intendere una continuità tra i due.
Di cosa parla in concreto? La trama ci mostra un dio che, nelle vesti di un uomo sadico, ha creato l’umanità come un giochino attraverso il quale poter sfogare la propria cattiveria. Vivendo in un triste appartamento di Bruxelles, da cui il titolo italiano, i primi umani che tormenta sono la moglie, che non può stare alla sua destra (nella Bibbia simbolo del lato positivo) perché gli «dà sui nervi», e la figlia Ea, dato che il figlio J.C. (ovvero Jesus Christ), ha pensato bene di svignarsela da quel contesto. J.C. che, comparendo ad Ea, la esorta a scrivere un Testamento 2.0. Prima importante suggestione biblica che il regista ci offre: Gesù visibilizza un Dio che nulla a che fare con quello che l’immaginario comune identifica col dio iroso del Primo Testamento. Suggestione che genera la domanda delle domande: qual è la vera immagine che abbiamo di Dio? Van Dormael non ha dubbi, mostrandocene uno interpretato da Benoît Poelvoorde, che controlla l’intero pianeta Terra dal suo PC, situato in una lugubre stanza ben chiusa a chiave, ma la curiosità di Ea – forse non solo – fa sì che un giorno scopra le malefatte del padre, che uccide il genere umano per puro piacere. Immagine di Dio distorta e amplificata, d’accordo, ma non è forse quella che, in fondo in fondo, cova internamente ognuno di noi? Non è la medesima che il serpente genesiaco suggerisce ai nostri progenitori, e ai quali costoro finiscono per credere? Probabilmente occorre un’intera vita per liberarci di questa assurda eppur diffusissima immagine..
Ma torniamo ad Ea. Scoperta e picchiata per l’ennesima volta, decide finalmente di scappare (dalla lavatrice, “purificandosi” in tal modo da quell’immagine di dio!) dalla casa dalla quale per dieci anni non era mai uscita e in cui era «vietato guardare in tv qualsiasi cosa che non fosse lo sport(critica non troppo velata a questa forma di idolatria)». Casa dalla quale scappa non senza aver prima rivelato ad ogni terrestre la propria data di morte. Come? Inviando loro un SMS dal computer del padre. Affacciatasi per la prima volta nel mondo, la ragazzina inizia a perseguire il suo vero obiettivo: scrivere un Nuovissimo Testamento per riscattare l’umanità soggiogata da un dio così, avvalendosi di sei apostoli (dal greco “mandati”) e uno scriba, il clochard Victor, incontrato per strada, a differenza dei primi che Ea aveva selezionato casualmente dall’archivio del padre.
Torniamo per un attimo agli SMS, che in ogni singolo ha generato le più disparate reazioni: c’è infatti chi reputa l’informazione una fandonia, chi invece, credendovi, reagisce in base a quanto gli resta da vivere. La figura più simpatica e interessante in tal senso è tuttavia quella del giovane Kevin che, forte dei sessantadue anni che gli restano ancora da vivere, sfida la “sorte” cercando di uccidersi in diversi modi, uno più esilarante dell’altro, pur senza riuscirci. Tra le tante domande interessanti che pone il film, una svetta su tutte: come cambierebbe la nostra vita se conoscessimo il momento esatto del nostro decesso? Domanda che chiama in causa la celebre citazione attribuita a Seneca, ripresa e rivisitata in seguito da Pablo Neruda («Vivi ogni giorno come se fosse ogni giorno. Né il primo né l’ultimo. L’unico») e da Madre Teresa («Vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo. Rendi speciale ogni tua giornata!»). Ad un certo punto dio esclama disperato: «Senza il mio PC non posso fare niente. Prima – ci si perdoni l’espressione forte – li tenevo per le palle, ma adesso che sanno la data di morte sapranno cosa fare». Già, forse è proprio la mancata percezione della morte, la consapevolezza non astratta di essere “a scadenza”, come lo yogurt, che non dà la qualità che meriterebbe il nostro quotidiano.
Se è vero che ogni opera non può prescindere dal suo autore, occorre allora tornare al regista: cosa sappiamo di lui? Fratello minore del noto musicista Pierre, che comporrà per diversi suoi film, Jaco nasce nel 1957 in Belgio ma cresce in Germania fino ai sette anni. A 18 inizia a fare il clown, per poi darsi all’animazione per bambini (sua grande passione), sviluppando nel frattempo la sua passione per il mondo del cinema. Dal 1980 si dà alla regia di alcuni cortometraggi: Maedeli la brèche l’anno seguente e Stade 81 quello dopo, in cui si occupa delle prime Olimpiadi riservate ai disabili. Per il suo primo lungometraggio si dovrà attendere il 1991, pellicola che narra le vicende di Thomas, persona convinta di essere stata scambiata con un altro bambino al momento della nascita. Nel ’96 dirige L’ottavo giorno, che ha per protagonista un uomo affetto dalla sindrome di Down.. il film ha il pregio di mostrare il mondo, allo spettatore, proprio attraverso gli occhi di Georges (attore che col medesimo nome comparirà anche in Dio esiste e vive a Bruxelles), che fugge da un istituto alla ricerca della madre, in realtà già morta. Nel 2001, con Mr. Nobody, mostra invece un’altra vita “speciale”, quella del 118enne Nemo Nobody, ultimo essere mortale, dato che la razza umana è ormai stata capace di raggiungere l’immortalità. Quattordici anni dopo esce la pellicola di cui ci stiamo occupando, mentre nel 2021 realizza insieme ad altri quattro autori, tra i quali l’italiano Michele Placido, il docufilm Isolation, che racconta le conseguenze drammatiche ereditate dal Covid..
Le sue diverse pellicole possono essere meglio capite, forse, se partiamo da un episodio personale che inevitabilmente lo ha segnato: alla nascita, infatti, rischiò di morire strangolato dal cordone ombelicale della madre, fatto che si temette potesse avere altre conseguenze, ad esempio problemi mentali causati dall’insufficiente apporto di ossigeno causato da ciò..
Veniamo ora ai sei apostoli scelti da Ea (numero simbolico che dice forse un tentativo di ripristinare l’umanità, rappresentata dal giorno in cui Dio l’ha creata), primo dei quali è una donna, la giovane e sola Aurélie, che vive nel timore dei rapporti sociali a causa della perdita del braccio sinistro. Il secondo è l’anziano Jean Claude, che da anni fa un lavoro disprezza. Se il terzo, Marc, è conosciuto come “l’erotomane”, poiché manifesta il suo disagio sociale attraverso la dipendenza pornografica, il quarto, Francois, ha un soprannome non meno impegnativo: “l’assassino”, dato che, il giorno dopo aver ricevuto l’SMS con la sua data di morte, inizia ad uccidere con un fucile chiunque gli capiti a tiro, convinto che la colpa non sarà in ogni caso sua, dato che tutto è già scritto! Il quinto è un’altra donna, Martine, persuasa da Ea a tradire il marito che non ama, facendolo prima con un giovane che le ruba i soldi e poi con un gorilla acquistato al circo!? L’ultimo è il piccolo Willy, al quale rimane solo una settimana di vita e che, come desiderio terminale, chiede di vestirsi da ragazza. Con l’arrivo di Willy gli apostoli presenti nel quadro dell’Ultima Cena di Michelangelo, in casa di Ea, diventano diciotto, come una squadra di baseball (tra titolari e panchinari), vien detto.
E “dio”, che fine ha fatto? Segue la figlia a Bruxelles, non certo per accarezzarla, mentre la moglie gli domanda: «Dove vai, laggiù (sottinteso nel mondo) non ci sei mai stato, è pericoloso». Proprio vero, un dio così nel mondo pare non esserci mai stato! Eppure ci va, venendo prima picchiato da alcuni balordi, quindi portato in ospedale.. Alla domanda dell’infermiere: «Le fa male?», alludendo al suo polso, dio risponde: «Certo che mi fa male, sai cos’è una slogatura? L’ho inventata io». Viene poi accolto da un prete, anch’egli – soprattutto! – alle prese con un’immagine di Dio tutt’altro che positiva. Rivolto al Crocifisso, dio esclama: «quello lì aveva perso la bussola.. sono io dio, le ho inventate io tutte le sfighe (ed elenca al prete le sue personali, soprattutto il suo essere storpio). L’unica cosa che ha saputo fare quello lì – continua – è stato farsi appendere come una civetta». Sono le parole che i passanti rivolgono a Gesù in croce, scuotendo il capo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Parole cui fanno eco quelle ancor più beffarde di sacerdoti, scribi e anziani: «Ha salvato antri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui» (Mt 27,40-42). Interessante che l’unico ad avere una visione diversa di Dio, quella giusta, sia proprio il povero Victor che, alla vista del padre di Ea afferma: «Non me lo immaginavo così». Dio che, ci stiamo riferendo a quello con la “d” minuscola, una volta raggiunta Ea è incapace di camminare sulle acque del canale, diversamente da lei e Victor.
Il finale della pellicola dà ulteriori spunti sui quali riflettere: si succede una settimana scandita da giorni in ognuno dei quali succede qualcosa di particolare, sorta di contro-creazione che al vertice ha la domenica, momento della presunta morte del piccolo Willy, giorno in cui Ea e i suoi apostoli attendono la loro in riva al mare. Nel frattempo la madre, rimasta sola in casa a fare pulizie, mentre dà l’aspirapolvere stacca la corrente dell’ormai noto PC, per poi riattaccarla. L’azione non voluta riavvia il computer che accetta “la moglie di dio” come nuova utente, la quale decide di azzerare tutte le date di morte. Non solo, cancella tutto il male sparso nel mondo dal discutibile marito. Salvata l’intera umanità, la mamma modifica il desktop del PC e il Nuovissimo Testamento – sul quale sta scritto ad esempio che «se non ci fosse l’aria gli uccelli cadrebbero» – può finalmente essere pubblicato, diventando un bestseller e facendo diventare ricco il povero Victor (nomen omen): «gli ultimi saranno i primi», è il caso di dire! E i primi? Beh, quelli saranno ultimi: dio, scambiato per un barbone clandestino (fuor di metafora, uno che su questa Terra non ha cittadinanza), viene estradato in Uzbekistan a produrre lavatrici, cercando quella il cui oblò lo riporti a casa, ma senza successo. Uzbekistan, tra l’altro, la cui etimologia più probabile è “indipendente”, “padrone”. Almeno là, allora, quel dio, incurante delle sue creature, sarà libero di fare il despota. E un dio così, diciamocelo francamente, possiamo mandarlo a quel paese! Nonnecessariamente in Uzbekistan.
«Oggi, come tutti i giorni – afferma la giornalista del TG – ci sono solo buone notizie!»: è davvero cambiato tutto..
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Cristian Messina