Frère Roger (23 Agosto)



Frère Roger (23 Agosto)
Colonia, 16 agosto 2005, secondo giorno dell’ormai celebre Giornata Mondiale della Gioventù, evento planetario ideato da san Giovanni Paolo II nel 1985.. una notizia drammatica inizia a circolare tra le migliaia di giovani presenti nella città tedesca: «hanno ucciso frère Roger!». «Ma chi, il fondatore di Taizé? Non è possibile», è la risposta più ricorrente. E invece è vero: proprio mentre i giovani di tutto il mondo si incontravano per pregare insieme, ad appena quattro mesi dalla scomparsa di colui che ebbe l’idea di riunirli tutti insieme ormai da vent’anni (a presiedere l’evento di Colonia fu infatti per la prima volta Benedetto XVI), un’altra gigantesca “calamita giovanile” lasciava questa terra..    

Chi era costui?
12 maggio 1915: Roger nasce a Provence, paesino svizzero di montagna, nono figlio di Charles, pastore protestante, e Amélie Marsauche. Dall’età di 16 anni comincia a soffrire di tubercolosi polmonare, malattia che lo costringe a lunghi periodi di riposo, che occuperà con la lettura: «Ho avuto il tempo di leggere, di meditare e di scoprire la chiamata di Dio», dirà col senno di poi. Da giovane sarà inoltre assalito dal dubbio, non però sull’esistenza di Dio, ma circa la possibilità di stabilire una reale comunione con Lui. A 21 anni inizia a studiare teologia a Losanna e quindi a Strasburgo. Il 20 agosto del 1940, ad inizio Seconda Guerra mondiale, sceglie di andare a vivere in Francia, nazione della madre, fino a raggiungere in bicicletta Taizé – paesino della Borgogna a pochi chilometri dalla celebre abbazia di Cluny – in cui una vecchietta gli chiede insistentemente di fermarsi: lo fa! Così acquista un’antica casa grazie ad un prestito, iniziando ad accogliere, come sua nonna durante la Prima Guerra mondiale, diversi rifugiati, soprattutto ebrei. Durante i primi anni nel paese transalpino, un altro incontro gli cambierà la vita: «mentre rientravo a piedi.. vidi.. un giovane che portava i segni di una povertà evidente. Una domanda mi si presentò con forza: e tu, tu sarai mai come lui? La povertà non è forse non avere nessuno su cui appoggiarsi, quando tutto viene a mancare? ..In quello sconosciuto (capì che) Cristo era presente più che mai». 

Come proseguì la sua vita a Taizé?
Due anni dopo, mentre è di passaggio a Ginevra, in cui conosce quelli che diventeranno i suoi primi tre confratelli, viene a sapere di essere stato scoperto dalla polizia dell’occupazione, decide allora di non rientrare in Francia e inizia una vita comunitaria con loro: «solo del nostro lavoro – dirà più tardi – , non accettando né offerte, né eredità, né regali, nulla, assolutamente nulla. Lo spirito di povertà.. consiste (infatti).. nell’utilizzare tutto con immaginazione..». Nel 1944 rientrano tutti a Taizé, accogliendo prigionieri tedeschi e venti bimbi, rimasti orfani a causa della guerra. Nel 1945, a conflitto terminato, si domanda: «chi oggi attraversa una prova? – rispondendosi – ..(i) bambini che la guerra.. (ha) privato della famiglia». Ma i compagni di Roger erano tutti maschi, così ad aiutarlo chiese la presenza della sorella Geneviève, che non si fece pregare. Ma quella domanda continuò a porsela ogni volta, ogni anno, in ogni periodo diverso che la storia gli proponeva: “Chi sono i poveri adesso?”. Già, chi sono, potremmo chiederci anche noi. Sicuramente i giovani, ieri come oggi, anzi, oggi più di ieri, maggiormente privi di figure educative importanti. Nel 1949 i primi sette fratelli della comunità, di cui Roger è priore, nel giorno di Pasqua s’impegnano fra loro e con Dio per tutta la vita. La comunità madre di Taizé, oltre a quelle più piccole sparse per il globo, riunisce oggi un centinaio di monaci appartenenti a diverse confessioni cristiane, provenienti da oltre venticinque nazioni. 

Quelli sono anche gli anni in cui stava per avvenire una svolta epocale per la Chiesa e per il mondo intero: il Concilio Vaticano II.. cosa ha comportato per la comunità? 
Nel 1962 vi è stato invitato come osservatore, partecipando a tutte le sessioni, fino al 1965. E di questo grandioso evento, «Giovanni XXIII – dirà frère Roger – rimane l’uomo che forse ho più venerato sulla terra. L’ho amato come un padre.. Aveva la passione per la comunione». Altro papa cui rimarrà molto legato è Giovanni Paolo II che, da lui conosciuto durante le sessioni del Vaticano II, affermerà del piccolo paese meta di tanti giovani: «Si passa a Taizé come si passa accanto a una fonte. Il viaggiatore si ferma, si disseta e continua il cammino». Il funerale a Roma di questo gigantesco papa sarà la triste causa dell’ultimo viaggio di frère Roger.

Tornando ai giovani, come mai ad un certo punto iniziarono ad essere attratti da questo luogo?
Tutti quei giovani, sottolinea lo stesso Roger, «non abbiamo fatto niente per attirarli.. Non potevamo mandarli via, venivano per pregare, per cercare». Così nel 1966 ha luogo il primo incontro internazionale dei giovani a Taizé, mentre dal 1978, cominciando da Parigi, inizieranno quelli europei, svoltisi ogni anno in una grande città, con l’Italia che, fino al 2022, è stata il Paese più frequentato con sette edizioni. Lisbona 2004 sarà invece l’ultima edizione animata dal monaco visionario. E oggi, chiediamoci, dove vanno i giovani a pregare? E cosa cercano? E se è loro chiaro l’oggetto della ricerca, dove possono intraprenderla? Le parrocchie faticano a dissetarli.. occorre una grande immaginazione: quella dello Spirito! A tal riguardo diceva frère Roger che obiettivo dei confratelli non era essere per i giovani maestri spirituali, ma uomini di ascolto. Allora riformuliamo la domanda: li stiamo ascoltando? Nel 1990 la loro affluenza sarà tale da costringere i monaci ad allargare la chiesa della Riconciliazione. 

Quando e come morì?
Il 16 agosto 2005, come detto, all’età di 90 anni intonerà il suo ultimo canto, proprio in questa chiesa della Riconciliazione – sempre troppo piccola per la sete dei giovani! – che lo aveva visto pregare per una vita intera: una donna psicologicamente squilibrata lo aggredì con un coltello, ferendolo mortalmente. Quattro giorni dopo sarebbero trascorsi esattamente 65 anni da quando il ragazzotto svizzero era arrivato per la prima volta nel paesino della Borgogna. Alle sue esequie, celebrate il 23 agosto – ragion per cui lo ricordiamo proprio oggi – , e presiedute dal cardinal Walter Kasper (al tempo presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani), frère Alois, colui che Roger aveva scelto come suo successore, pregherà così: «Dio di bontà, affidiamo al tuo perdono colei che, in un atto malsano, ha messo fine alla vita del nostro fratello Roger. Insieme a Cristo sulla croce, ti diciamo: “Padre, perdonala, non sa quello che ha fatto”». Lo stesso frère Roger aveva infatti definito «la certezza del perdono.. (come) la più inaudita.. inverosimile.. (e) generosa realtà del Vangelo».  

Quanto alla comunità che è andata strutturandosi, da cosa è caratterizzata esattamente?
Taizé volle essere da subito un segno di riconciliazione possibile e, siccome frère Roger veniva da una famiglia protestante, confessione in cui il monachesimo era stato cancellato, creò una comunità che si rifaceva alla Chiesa delle origini, quella indivisa. Gli stava particolarmente a cuore il tentativo di rimuovere gli ostacoli che frenavano i giovani nel loro cammino spirituale, su tutti l’immagine di un Dio giudice che, in realtà, sotto sotto ognuno di noi si porta dentro.. Altro aspetto caratterizzante è indubbiamente la preghiera la quale, anche quando era ancora solo, era da lui scandita in tre momenti quotidiani, ritmo che resterà quello della futura grande comunità. Agli occhi di Roger la preghiera comune, unitamente al canto, sono indispensabili per incontrare Dio: è il caso di interrogarsi allora sulla qualità delle nostre celebrazioni, a partire dal canto.. «Taizé.. – afferma il giornalista portoghese Joào Miguel Tavares – è uno dei rari posti nel mondo dove credere in Dio sembra evidente». E questo, val la pena di ripeterlo, anche grazie a quel tipo di preghiera, quel modo di relazionarsi comunitariamente al Dio della vita. I cosiddetti “canoni di Taizè” sono spesso e non a caso utilizzati ormai un po’ ovunque, anche in ambito liturgico. Il teologo ortodosso Olivier Clément (1921-2009), riteneva infatti che la forza di tali canti risiedesse nella pace che la loro ripetitività è in grado di trasmettere, personalmente e a livello comunitario. 

Insomma frère Roger lasciò un segno indelebile dal punto di vista ecumenico..
Proprio così, come disse l’allora arcivescovo di Canterbury Rowan Williams «ha cambiato il quadro di riferimento per l’ecumenismo». Significativo il fatto che abbia aderito pienamente alla fede cattolica pur senza abiurare mai alle sue origini protestanti: alla faccia del facile sincretismo temuto o sbandierato dalla massa! «Ho trovato la mia vera identità di cristiano – dirà il monaco svizzero nel 1980 alla presenza di Giovanni Paolo II – riconciliando in me stesso la fede delle mie origini con il mistero della fede cattolica, senza rompere la comunione con nessuno». Mirare alla comunione senza rinnegare chi siamo, ecco la chiave di volta per ogni vero cammino ecumenico. 

Questi suoi “sforzi” sono stati in qualche modo riconosciuti, anche fuori dall’ambito religioso?
Ampiamente. Nella sua vita frère Roger riceverà numerosi riconoscimenti internazionali. Al ritiro di uno di questi, nel 1992, l’allora segretaria del Consiglio d’Europa, Catherine Lalumière, si rivolgerà a lui con queste parole: «..voi siete un grande europeo.. l’Europa ha ancora bisogno di voi, delle vostre idee.. L’Europa.. (ha) bisogno di uomini come voi che non hanno niente se non il loro cuore e la loro fede. La forza delle idee.. esiste. Con voi, frère Roger, noi l’abbiamo incontrata. Grazie». 

Grazie fratello, te lo diciamo a nome di tutte le migliaia di giovani, e non solo, che hai accolto senza riserve, conoscendo il desiderio infinito del loro cuore, anzi, aiutandoli a farlo emergere ancor più. Grazie per i canti che tu e i tuoi frères ci avete donato, e per averci ricordato che pregare è bello, ma farlo insieme è meraviglioso.  

 

 

 

 

 

Recita
Federico Fedeli, Cristian Messina

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