
Sant'Apollinare (20 luglio)
«È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a Te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Tu hai suscitato nella tua Chiesa Apollinare che, rivestito della grazia dell’Episcopato e della gloria del martirio, unì l’offerta della vita al sacrificio eucaristico, e trasse dal seme del Vangelo un’abbondante messe per il regno dei cieli». Queste sono le parole del Prefazio odierno, ovvero la parte della Messa con cui chi presiede l’Eucaristia – a nome ti tutti – glorifica Dio Padre e lo ringrazia per l’intera opera di salvezza o per qualche suo aspetto particolare. E l’aspetto particolare della Storia della salvezza che festeggiamo oggi è dato dalla presenza e dal contributo di Apollinare.
Chi era costui?
Probabilmente nativo di Antiochia di Siria, fu il primo vescovo della città di Ravenna, e sembra – le notizie in merito non sono granitiche – sia vissuto intorno alla metà del II secolo. La Passio Sancti Apollinaris, una fonte agiografica redatta dall’arcivescovo Mauro (642-671), ci riferisce che fu il primo evangelizzatore dell’Emilia Romagna, mandato dallo stesso san Pietro, di cui fu discepolo e che incontrò nell’odierna città turca intorno all’anno 44. A Ravenna predicò il vangelo e compì numerosi miracoli, ma, dopo essere stato esiliato, continuò la sua attività apostolica in Oriente.
La “capitale del mosaico” lo celebra con due magnifiche chiese..
Proprio così: nella basilica di Sant’Apollinare in Classe, consacrata il 9 maggio 549, ancora oggi si può ammirare il famoso mosaico absidale che raffigura il santo in preghiera, affiancato da 12 pecore simboleggianti il gregge di Cristo, stesso numero degli Apostoli, che a loro volta si richiamano alle tribù di Israele. Nell’VIII secolo invece, l’antica basilica di San Martino in Ciel d’Oro fu restaurata e ridenominata Sant’Apollinare Nuovo, proprio per diventare un “nuovo” centro del culto tributato al protovescovo. Se dunque sul luogo del martirio, in località Classe, fu eretta nel VI secolo la chiesa a lui dedicata, le sue reliquie nel IX secolo furono trasferite in città, nell’edificio che da quel momento prese il nome di Sant'Apollinare Nuovo. Successivamente le ossa furono portate in Germania. Attualmente si trovano a Düsseldorf, in cui è venerato come protettore e patrono. A Ravenna rimasero invece il capo e la mano destra del santo, dal 1874 conservate in Cattedrale, chiesa dedicata alla Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Come e quando morì?
Tornato a Ravenna dopo le sue peregrinazioni orientali, subì persecuzioni e tormenti, morendo il 23 luglio a causa delle ferite riportate. La sua memoria viene tuttavia celebrata dal 2000 il 20 dello stesso mese, probabilmente per non sovrapporlo alla festa della patrona d’Europa santa Brigida. Fu venerato da subito come martire, come ci riferisce in un suo sermone il vescovo ravennate san Pietro Crisologo. Per la Chiesa emiliano-romagnola, di cui Apollinare è patrono, questo giorno rappresenta dal punto di vista liturgico una festa, diversamente dal resto d’Italia che lo celebra come memoria facoltativa.
«O Dio, eterna ricompensa dei tuoi servi fedeli, che hai santificato questo giorno con il martirio del santo vescovo Apollinare, per sua intercessione concedi a noi, che lo veneriamo maestro e protettore, di sperimentare la dolcezza della misericordia» (Preghiera Colletta).
Recita
Stefano Rocchetta, Cristian Messina
Musica di sottofondo
Arrangiamento di Gabriele Fabbri