Giovanna d'Arco (30 Maggio)



Giovanna d'Arco (30 maggio)
«Forse la santa più culturalmente stimolante del calendario cristiano.. (capace) di far saltare convinzioni troppo facilmente acquisite. Che la fede non c’entri con la politica.. che Dio non sia mai schierato né con l’uno né con l’altro esercito.. che anzi non debbano esserci affatto battaglie; che la storia la facciano soltanto gli uomini.. che le nazioni non siano costruite secondo un provvidenziale disegno di Dio.. che il miracolo non possa mescolarsi stabilmente con gli avvenimenti più quotidiani..». 

Di chi sono queste parole, e di chi si sta parlando?
È il teologo carmelitano Antonio Maria Sicari a pronunciarle, riferendosi a Giovanna d’Arco, patrona della Francia, dei telegrafisti e dei radiofonisti. Nata a Domremy nel 1412 da famiglia contadina, durante la Guerra dei Cent’anni (1337-1453), ancora tredicenne, udì delle voci mentre pregava: la invitavano a liberare la Francia dominata in buona parte dagli Inglesi, chiamata divina che la portò a soccorrere il re e a scacciare gli invasori dal suolo francese. Nel 1429 raggiunse il Delfino (titolo attribuito al figlio primogenito e diretto erede del re di Francia) nella città di Chinon, convincendolo ad affidarle il compito di tentare un’offensiva contro gli Inglesi. Il martedì santo di quello stesso anno la giovane indossò la sua armatura (costata 100 franchi tornesi), portando con sé uno stendardo bianco sul quale aveva fatto dipingere un Cristo giudice. Ma fu un soldato per modo di dire: testimonierà infatti di non aver mai colpito nessuno, la spada la usava insomma solo per parare i colpi. 

Come riuscì allora ad essere un vero condottiero? 
Decidendo strategie, guidando l’assalto e resistendo quando la truppa stava scappando, intimandola a non mollare! La liberazione della città di Orleans, fu una vittoria che le valse il titolo di “Pulzella di Orleans”, dal francese antico pulcele, diminutivo del latino pulcher, “bella”, “graziosa”, diventato poi “vergine”. Questa e la successiva vittoria di Patay permisero la conquista del territorio francese fino a Reims, città in cui da secoli avvenivano le consacrazioni dei re transalpini, e così fu anche per il Delfino, che venne solennemente incoronato col nome di Carlo VII. Al termine della cerimonia Giovanna, in lacrime, si inchinò ad abbracciare le ginocchia del suo sovrano dicendogli: «Gentile Re, ora si è compiuto il beneplacito di Dio». 

Quanto c’è di storico in questa vicenda?
La domanda è già indicativa: molto è stato scritto su questa santa quasi leggendaria, e questo perché molto spesso gli agiografi l’hanno rivestita di convinzioni personali. Fu indubbiamente una grande patriota, tuttavia morì non come martire in senso cristiano, ovvero uccisa in odio alla fede, bensì per motivi politici. «La maggior parte dei cristiani (anche preti) – afferma il teologo carmelitano Antonio Maria Sicari – sono quasi convinti che la storia di Giovanna d’Arco sia poco più di una strana, inaffidabile leggenda». E aggiunge  che i suoi contemporanei l’ascoltarono come si ascolta una pazza, tra l’infastidito e il divertito.. «Non era prevedibile che qualcuno la pigliasse sul serio. Eppure accadde». Evidentemente Giovanna d’Arco fa gola per la sua fine: si sottolinea infatti che la Chiesa abbia sbagliato nei suoi confronti, per poi ammettere l’errore commesso. In realtà le cose non andarono proprio così..

E come andarono?
Torniamo per un attimo alla vicenda che precedette la sua morte. Una volta incoronato re, Carlo VII fu preso dallo spirito del compromesso, tipico di molti politici e, probabilmente geloso dell’escalation dell’ormai popolare ragazzina, decise di trattare con gli Inglesi, episodio che quest’ultima valutò come una vanificazione di tutto quanto fatto fino a quel momento. Così riprese la lotta con l’esiguo esercito rimasto al suo fianco. Caduta in un’imboscata del conte di Lussemburgo, questi la consegnò in mani inglesi. Imprigionata, fu processata per eresia e stregoneria. In realtà si trattava di un falso tribunale dell’Inquisizione, con giudici simoniaci prezzolati dagli Inglesi. Condannata, venne arsa viva sulla piazza del Mercato Vecchio a Rouen: era il 30 maggio 1431. Carlo VII non fece nulla per aiutarla; tuttavia, dopo la conquista di Rouen del 1450, decise di aprire un’inchiesta sul processo, che portò alla completa riabilitazione di Giovanna! Era l’anno 1456. 

Per quali ragioni fu considerata eretica?
Per poter dichiarare Carlo VII usurpatore, ovvero diventato re in seguito a diaboliche macchinazione da parte della giovane eretica, occorreva dimostrare che Giovanna era una strega. Il vescovo Cauchon si prestò a tal gioco politico. La Pulzella allora si appellò al papa, considerata l’illegalità del processo, ma la sua voce non poté uscire dal carcere per giungere fino a Roma. Il vescovo di Bauvais dunque, sotto la supervisione inglese, dovette giudicarla in un processo che durerà ben quattro mesi, processo certamente ecclesiastico, poiché condotto da un vescovo, ma dettato da necessità di stato. I sospetti di eresia nei suoi confronti, di magia e stregoneria, erano funzionali all’intera macchinazione: solo dopo aver dimostrato che la giovane non era stata inviata da Dio, gli inglesi potevano ancora metter le mani sulla Francia! «Sono una buona cristiana, battezzata come si deve e morirò da buona cristiana.. – furono le sue parole – Dio lo amo, lo servo.. e vorrei aiutare e sostenere la Chiesa con tutte le mie forze»: più di così!? Eppure un’ultima accusa pendeva sul suo capo: Giovanna indossava abiti maschili.. Se lei non dava importanza alla cosa, non così i suoi nemici, che fecero passare quei vestiti come simboli peccaminosi e perversi, che la Pulzella continuava ad indossare, risultando dunque recidiva. Così il 30 maggio fu condotta al rogo, perché un vescovo l’aveva scomunicata in quanto eretica.. Su quella piazza, teatro della triste farsa, la diciannovenne fu legata su un rogo altissimo: «con grande devozione Giovanna chiese di avere la croce», dirà in seguito un testimone, mentre il suo boia affermava: «una volta nel fuoco, ella gridò più di sei volte “Gesù”.. Quasi tutti piangevano».

Cosa successe dopo la sua morte?
Le ceneri furono gettate nella Senna, onde evitarne la venerazione popolare. Una ventina di anni dopo, poi, la madre e i due fratelli si appellarono alla Santa Sede affinché il caso di Giovanna fosse riaperto, così papa Callisto III nel 1456 riabilitò la Pulzella, annullando l’iniquo verdetto precedente. Beatificata nel 1909 da papa san Pio X e canonizzata nel 1920 da papa Benedetto X, perfino in Inghilterra la sua figura è stata rivalutata, e una sua statua eretta nella cattedrale di Winchester, a fronteggiare la tomba del Cardinal Beaufort, colui che ebbe un ruolo decisivo nel processo contro di lei. Dipinta come la “prima protestante” o anticipatrice del femminismo, poderosa è stata la produzione letteraria e cinematografica sulla sua vita. Se il primo poema è di appena cinque anni dopo la sua morte, nei secoli Shakespeare e Voltaire hanno scritto sul suo conto, Paul Claudel e Georges Bernanos, o il poeta Charles Peguy, che ha messo sulle sue labbra di bambina una preghiera molto bella: «Se non ci sono stati ancora abbastanza santi e sante, mandacene altri, mandacene quanti ce ne vorrà, mandacene finché il nemico sia stanco. Noi li seguiremo, mio Dio.. se solo tu volessi mandarci una delle tue sante.. qualcosa di nuovo, qualcosa di mai visto prima». E Giovanna fu una santa davvero “mai vista prima”! Di lei scrisse perfino il teologo Jean Gerson – cui viene attribuita la paternità dell’Imitazione di Cristo , anche se i più propendono per Tommaso da Kempis – componendo un’opera quando ancora lei era viva. Ha ricevuto inoltre dediche musicali, tra le altre, di Verdi e Ciaikowski, mentre il cinema, come detto, le ha riservato pellicole già a partire dal 1898. Nella soffitta di una casa colonica francese, nel 1996 è stata ritrovata quella che, con ogni probabilità è stata l’armatura di Giovanna, come confermano i segni coincidenti con le ferite che la santa riportò in battaglia.

«Se non ci sono state ancora abbastanza Pulzelle, Signore, mandacene finché il nemico sia stanco. Qualche nuova Giovanna, ma mai vista prima».

 


    

Recita
Vittoria Salvatori, Cristian Messina

Musica di sottofondo
G.Verdi. Giovanna d'Arco. Ouverture. Diritiit Creative Commons

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