"...ha spinto fuori...". (Omelia di don Franco Mastrolonardo)



Dal Vangelo secondo Giovanni 10,1-10
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza».

Meditazione
Don Franco Mastrolonardo
Omelia del 3 Maggio 2020. IV domenica di Pasqua

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

Omelia
Ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce.
E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore
Gesù è costretto a spingerci fuori dal recinto. E non è semplicemente l' atteso 5 maggio per uscir fuori di casa. No, l'evangelico uscir dal recinto è azione terribilmente più difficile da compiere. Significa usci fuori dai recinti interiori, dai rituali e dalle ossessioni in cui ci siamo richiusi, dove anche se non sto bene, ci sto bene. Il recinto è mentale, è ideologia, è fare come si è sempre fatto. Il recinto è il Dio costruito a mia immagine, è il famoso mentovare di San Francesco d'Assisi, cioè mettere Dio dentro la mia mente. Ma nessuno "et degnu te mentovare" diceva con santa umiltà il poverello di Assisi. In questa ottica il corona virus potrebbe essere lo spingere drammatico per farci uscire da un mondo malato, da quel mondo che come indicava il solitario Papa Francesco in quella sera di Quaresima a san Pietro "pensavamo di rimaner sani quando il mondo era malato".
Cammina davanti ad esse.
Gesù ora non si mette dietro. E neppure di fianco. Sta davanti. Chi sta davanti conosce la strada. Lo san bene i bambini quando vengono in campeggio. "Sta davanti don Franco!", anche se non essendo come Gesù, sbaglia a volte la strada. Lo stare davanti dice una fiducia delle pecore rispetto al pastore. E il nostro è un esodo dal vecchio al nuovo mondo, perché é un mondo nuovo quello che ci attende, come diceva papa Francesco: non un' epoca di passaggio, ma un passaggio d'epoca.
Le pecore lo conoscono perché ascoltano la sua voce.
Come si fa a seguire uno che sta davanti e che per giunta ti da la schiena ? Solo ascoltando la sua voce.
Qui è il segreto del Cristianesimo. Gesù ad un Nicodemo confuso, ma in ricerca suggerisce: ascolta lo Spirito, non sai di dove viene e dove va, ma ne senti la voce.
La voce che hanno sentito i santi, che ha sentito la pulzella d Orleans, Santa Giovanna d'Arco, una voce a cui è stata fedele fino al rogo per eresia.
Ascoltate oggi la mia voce dice il Signore in pieno deserto al popolo d'Israele, e ad Osea ancora: vieni nel deserto e parlerò al tuo cuore.
La voce di Gesù è qualcosa di intimo, di personale, un diario spirituale. L' ascolto di Dio avviene ovunque, ma avviene quando non lo pretendi e lo cogli come un dono. E allora magari un canto, un sorriso, uno sguardo, una pennellata d'azzurro del cielo ti diranno: eccomi sono qui. Sono io il buon pastore che ti parlo nel cuore. E tutto cambia.
E oggi mi permetto concludendo: siamo nel deserto. Non è questione di date o di scadenze, di prima, seconda o terza fase. La questione è di saper leggere in chiave spirituale questo tempo.
Questo è il tempo dell'ascolto della voce del Pastore. Attenzione, anche la nostra spiritualità in questo deserto deve tornare lì. Vi dico una cosa che non scandalizzi nessuno: non è tempo di Messe questo. Perlomeno è ancora presto.
La Messa è la nostra Terra promessa, è il Tempio ricordato in terra di Babilonia. E il nostro tutto. Ma oggi purtroppo non ci è concesso, dobbiamo pazientare. La Messa, quella vera, è lo spezzare il pane insieme, è incontro, abbracci, strette di mano, è festa, è bambini, è il coronamento di una spiritualità incarnata, fisica, e se volete anche il chiacchericcio dopo la Messa, è lo stare insieme. Oggi purtroppo non è possibile fare questo. Faremo forse a breve delle Messe per pochi, da belle statuine, e ripeteremo stancamente il vecchio canovaccio del prete che presenzia e pontifica dal pulpito o forse dal suo palco del comizio. Satis.
Se i Vescovi ci chiederanno di celebrare questo tipo di Messe certo obbediremo; non faremo come gli ebrei sui fiumi di Babilonia che si rifiutarono di cantare i canti di sion in terra straniera. Ma non sarà la stessa Messa che io perlomeno desidererei celebrare.
Io per questi tempi avrei optato per la Liturgia della Parola, per l’adorazione silenziosa dell’Eucarestia e magari per il servizio eucaristico a casa attraverso i ministri, come si fa con i malati, perche in effetti potenzialmente lo siamo tutti. E tutto certamente in attesa di celebrare la Messa come va fatta. A voi oggi un consiglio: leggete i salmi e le storie dei santi. Vi accorgete che oggi, lì, il buon Pastore verrà a parlare ai vostri cuori.

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