
San Romualdo (19 giugno)
«Caro Gesù, pace del mio cuore, desiderio ineffabile, dolcezza e soavità degli angeli e dei santi».. con queste parole – ci riferisce il suo biografo san Pier Damiani – Romualdo si intratteneva col suo Signore, mosso dalla Spirito Santo, quando era in solitaria preghiera.
Chi era san Romualdo?
Nato intorno alla metà del X secolo, figlio di un duca ravennate, s’innamorò presto della vita monastica, che intraprese – ci dice il libro del Messale – nei suoi «tre gradi: il cenobio.. l’eremo.. e l’evangelizzazione dei pagani in terre lontane». Cominciò col seguire la regola cistercense per tre anni, nel monastero di Sant’Apollinare in Classe, per poi ottenere il permesso di condurre vita eremitica sui colli veneti quando ne aveva ventitre. Non pago del suo peregrinare si diresse quindi in un cenobio pirenaico spagnolo, a San Miguel de Cuixà, dove stette per dieci anni.
Che differenza c’è tra eremo e cenobio?
Il primo, dal greco éremos, “solitario”, è il luogo (solitamente una grotta o una cella) in cui si ritira l’eremita appunto; il cenobio invece, altra parola derivante dal greco e composta da koinós e bìos, significa letteralmente “vita comune”, ed è la forma di monachesimo più diffusa, avviata in Egitto intorno al 320 ad opera di san Pacomio, per poi essere diffusa in Oriente da san Basilio e in Occidente da san Benedetto. È caratterizzata dalla vita comune e dalla guida di un abate, solitamente in presenza di almeno dodici monaci, sulla scia di Gesù e i Dodici. Viceversa la figura dell’abate è sostituita da quella del priore. In ogni caso l’abate è la figura di riferimento di un’abbazia, dalla quale possono dipendere altri monasteri, ognuno dei quali è guidato dal priore.
Tornando al festeggiato di oggi, cos’altro fece e qual era lo scopo del suo peregrinare?
Tornato a Ravenna, Romualdo riuscì a convincere persino il proprio padre a farsi monaco! Il suo vero obiettivo era la riforma di monasteri ed eremi. Nei suoi continui spostamenti diede inoltre vita, tra gli altri, a due celebri luoghi: l’eremo di Camaldoli, nelle foreste Casentinesi, in provincia di Arezzo; e il monastero di Fonte Avellana, ai piedi del Monte Catria, in provincia di Pesaro-Urbino. Il primo nacque da un appezzamento di terreno donatogli da un certo Màldolo, da cui Camaldoli; il secondo, dedicato alla Santa Croce, fu fondato da Romualdo nel 980. Ad un certo punto, però, l’imperatore Ottone III elesse il nostro santo abate di Sant’Apollinare in Classe, ma tale dignità fu presto letta da Romualdo come una tentazione: abbandonò così l’incarico e si diresse a Montecassino, luogo dal quale partì nuovamente per fondare altri monasteri.
Come e quando morì?
È lo stesso biografo a dircelo: «(nel) monastero.. in Val di Castro (nei pressi di Fabriano).. aspettando senza timore la morte, decise di costruirsi una cella.. in cui starsene rinchiuso in silenzio, fino alla sua partenza dal mondo.. (ormai malato) fece uscire dalla sua cella i due fratelli che lo assistevano, ordinando loro di chiudere la porta e di ritornare solo.. all’indomani. Quelli.. invece.. di allontanarsi, si appostarono lì vicino tendendo l’orecchio. A un certo momento, non udendo più nulla, rientrarono in fretta, accesero il lume e trovarono il santo già cadavere». Era il 19 giugno del 1027.
«O Dio, che hai scelto san Romualdo per rinnovare nella tua Chiesa la vita eremitica, donaci la forza di rinnegare noi stessi per seguire Cristo sulla via della croce e salire con lui nella gloria del tuo regno» (Preghiera Colletta).
Recita
Cristian Messina, Vittoria Salvatori
Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri