Il cammino vocazionale (dalla veglia di Alberto Marvelli)



Testo della veglia
Alberto  
Ma qual era la mia missione? Cosa dovevo fare nella vita? Quante domande, quante crisi. Pensavo a volte di seguire Gesù nella via del sacerdozio, ma mi sentivo così indegno...e comunque mi affascinava l'idea di consacrarmi a Dio. Ma vedevo che ancora non ero pronto. Gesù ancora non mi chiamava. Beh avrei potuto fidanzarmi e poi sposarmi. Di occasioni effettivamente ne avevo... ma intuivo lucidamente che non c'era una ragazza per me e questo era un segno indicativo che ancora la via del matrimonio non era la mia vita. Ma non demordevo il mio padre spirituale sa quanto ho desiderato la mia vocazione, quanto ci ho pregato e pianto. Non mi sono mai fermato nel cercarla. Sapevo che nella vita spirituale o si va avanti o si va indietro, non c'è il fermarsi.

 "La vita è azione, é movimento, ed anche la mia vita deve essere azione, movimento continuo senza soste: movimento ed azione tendenti all'unico fine dell'uomo: salvarsi e salvare. A questa vita spirituale, motorizzata, direi, a questo anelito ardente di Dio, di anime, di bene, si armonizza in me una medesima tendenza della vita fisica, vita che sento sempre più fatta e nata per il movimento. Lo controllo quasi ogni momento, e specie nei momenti in cui sono costretto a fermarmi, per lo studio dei giorni interi. Ho bisogno di aria, di spazio, di orizzonti sconfinati, di cieli luminosi e stellati, di mari ed oceani immensi".

Lettore 
Alberto non si trastulla. Parte per la sua missione nel mondo a cominciare da ciò che il mondo gli proponeva. Si laurea brillantemente in ingegneria meccanica a Bologna, nonostante il periodo del servizio militare a Trieste. Viene impiegato come ingegnere presso la Fiat di Torino, ma sente che non è lì  che deve operare. Torna a Rimini e comincia ad insegnare all'Istituto Tecnico Industriale. Poi parte di nuovo militare a Treviso e di nuovo ritorna a Rimini. Ad attenderlo l'evento della seconda guerra mondiale. D'ora in poi lo dobbiamo immaginare così: a cavallo della sua bicicletta in mezzo ad una Rimini continuamente bombardata. Era nata una specie di leggenda sulla invulnerabilità di Alberto, sempre nei pericoli e sempre indenne.

Alberto
La mamma era spesso in pensiero per me. Mi aspettava alzata fino a tarda ora, finché non giungevo a casa. Quando ero ai piedi della salita di casa facevo una fischiettata in tono speciale, per annunciarle che anche quella sera ero tornato. "Di che cosa hai paura mamma? Non sai che io torno sempre?" Così le dicevo per rassicurarla. "Non mi hai insegnato che quando si è in grazia di Dio non c'è nulla da temere?"

Lettore 
Rimini assumeva sempre più i segni della tragedia: "cumuli di macerie ostacolavano ovunque la viabilità muri pericolanti rappresentavano un permanente pericolo alla vita dei passanti, strade sconvolte dalle esplosioni, fogne ostruite rigurgitanti di acque putride:acquedotto, luce, servizi pubblici distrutti, ed ovunque l'occhio si fermava non vedeva che orrori e macerie". Alberto sfidava il dramma ogni giorno. Pedalava per aiutare tutti, caricava la sua bicicletta di ogni cosa, e faceva chilometri per raggiungere gli sfollati e dargli il necessario. Era ormai dimentico di se stesso. Non era più lui che viveva, ma Cristo in lui. Aveva nel cuore il suo fratello Lello a cui era affezionatissimo. In quei periodi di guerra Lello era in Russia nell'assurda campagna voluta da Mussolini. Dal fronte Lello scriveva ogni giorno alla famiglia e Alberto altrettanto assiduamente rispondeva. Di tutte le lettere spedite in Russia non si ha traccia se non delle ultime due... sono ritornate al mittente perché Lello era eroicamente caduto in battaglia il 20 gennaio del 1943. In una delle due c'era anche il santino con le reliquie di Santa Teresina.
E' come se dal cielo Lello gli avesse risposto. La morte di Lello diventa occasione per una profonda riflessione sul dolore umano, che non deve passare invano senza averci reso migliori e più forti nella fede. A Carlo, prigioniero in Egitto, scrive per comunicargli la notizia della morte di Lello.

"Coraggio Carlo mio, coraggio e fiducia nel Signore che solo può darci serenità, rassegnazione e tranquillità in questa terra e la felicità nell'altra. Lello, che ci ha preceduto nel regno celeste e nel possesso della vita vera, deve essere il nostro esempio e la nostra guida; preghiamolo affinché nel momento dello sconforto, della prova, del dubbio, del dolore ci ottenga dal Signore la forza necessaria per superare la crisi, l'attimo che può farci cadere sempre più. La vita terrena deve essere impostata in vista dell'eterna; senza di questo, invero, il più delle volte si sarebbe tentati a ribellarsi e a maledirla; invece pensando che ogni sofferenza e ogni dolore ha il suo posto nell'economia divina non possiamo che far salire a Dio il nostro grazie riconoscente. Sarà questo grazie, pronunciato nel momento della prova, che ridarà alla nostra anima la pace e la tranquillità. Solo così saremo degni del sacrificio di Lello e di tanti buoni che ci hanno preceduto".

Alberto
Dopo la morte di mio padre mi sono sentito come responsabile di tutta la famiglia. In quella lettera spedita a Carlo sentivo che dovevo fargli forza. Ci sono momenti in cui si mente per amore. Il mio cuore accusava quel vuoto. Ogni volta che andavo a casa mi sembrava strano non trovarlo: era sempre il primo a sentirmi, ogni volta che rientravo da Bologna o da qualche viaggio. In quei tempi c'era sempre un senso strano di attesa, e tutte le sue cose erano ben ordinate; mia mamma nel suo dolore lacerante non aveva neppure il coraggio di toccarle.

Recita
Don Franco Mastrolonardo e i ragazzi del Punto Giovane di Riccione

Autore
F. Mastrolonardo. “Veglia Marvelli”. Punto Giovane, 2015. iBooks. https://itun.es/it/UifY5.l

Chi è Alberto Marvelli
Alberto Marvelli nasce a Ferrara il 21 marzo del 1918 e muore a Rimini il 5 ottobre 1946 ad appena 28 anni. Una vita breve, ma ricca. Secondogenito di sette fratelli Alberto si stabilì con la sua famiglia a Rimini nel 1930. Qui frequentò l'oratorio salesiano, di cui visse intensamente la vita. Dopo le scuole primarie e il ginnasio, si iscrisse al Liceo Classico Giulio Cesare… Prestò servizio militare a Trieste nel '41 e a Treviso nel ’43 fino all'otto settembre. Nel giugno del '42 si laureò in ingegneria meccanica a Bologna. Per alcuni mesi del 1942 fu impiegato alla Fiat di Torino all'ufficio progetti. Nell'anno scolastico 1942/43 fu insegnante presso l'Istituto Tecnico Industriale di Rimini. Nel periodo bellico e post-bellico della seconda guerra mondiale, dal 1940 al 1946, nella Rimini martoriata e distrutta dai bombardamenti, fu figura di grande rilievo, non solo per l'integrità di vita, ma anche per l'impegno sociale e politico. Cattolico fervente, uomo di fede e di preghiera, visse il suo impegno laicale nella costruzione della città terrena, con competenza, onestà, rettitudine: fu buon amministratore dei beni pubblici. Fu assessore comunale con l'incarico dell'Ufficio Alloggi e Ricostruzione; ingegnere responsabile della locale sezione del Genio Civile. Militò nelle organizzazioni cattoliche; vice presidente dell'Azione Cattolica, presidente dei laureati cattolici, membro del direttivo della Democrazia Cristiana. Il 5 ottobre 1946, mentre si recava a tenere un comizio per le elezioni amministrative - anche lui era nel lista per la D.C. - morì investito da un camion militare.

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