Pregare con le stagioni

Tu sai, Signore, che io amo pregarti seguendo i ritmi stagionali perché la preghiera non è una petizione astratta o un parlare con te che prescinda dal momento di vita, dalle situazioni, dalle emozioni, dai colori che vedono i nostri occhi, dagli odori che vengono su dal suolo: le foglie macerate dalla pioggia, i funghi che nascono nei boschi, la dolce ovatta delle nebbie.

Signore, tu lo sai bene ch’io non so fare una preghiera astratta che prescinda dal clima, dalla stagione e dalla situazione in cui mi sento immersa.
E credo che sia bene cosí perché, se ti parliamo, portiamo anche, con noi, tutta la nostra vita: i pesi, la levità, le gioie, le pesantezze, i voli, i sospiri grevi, i brividi di freddo e di paura, i fremiti di tremore e di emozione; e tutto ciò che ha suscitato questo nostro sentire, soffrire ed essere felici: i giorni, le notti, i soli, le lune, le stelle, le nebbie, gli animali che ci fan compagnia, gli amici che incontriamo e che ci lasciano, le passioni, gli amori, i dolori, tutto.
E che preghiera mai sarebbe se non fosse cosí, densa di vita?
Non sarebbe piú un discorso umano, con te, ma solo un fiato di parole vuote, come talvolta ci accade di pronunciare astrattamente, in chiesa o anche fuori della chiesa, quando il nostro pregare non è il nostro vivere davanti a te.
Ma il nostro vivere è davanti a noi soltanto; e tu sei una statua d’aria: un puro spirito che non conosce carne e passione d’uomo, come se non ti fossi calato nel nostro sangue umano, nel Signore Gesú.
Gesú, Signore, invece ci conosce, ha calpestato i nostri prati e i nostri deserti, l’erba e le spine; e certo non l’ha dimenticato questo mondo ma anzi l’ha portato con sé, nel seno della divina Trinità.

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